"SETTE IN CONDOTTA"
di Gianluca Cotza

Non è nè una poesia, nè il testo di una canzone: è un tema, un "articolo di giornale" scritto durante la simulazione di prima prova dell'esame di Stato per il conseguimento della maturità.
Purtroppo è un tema molto attuale, così ho pensato di condividere con voi queste mie riflessioni.
Buona lettura.Gianluca

Sette in condotta:non molto più di un quarto di secolo fa, questo era lo “spauracchio” di tutti gli studenti italiani, di qualsiasi grado, dalle elementari alla maturità.

Non era soltanto un voto scritto in rosso che spiccava nei tabelloni impietosamente esposti negli atrii delle scuole, a fine quadrimestre o a fine anno scolastico: in un tempo in cui la parola “privacy” non aveva ancora varcato i nostri confini (non soltanto geografici), il temutissimo “sette” aveva il potere di “annientare” le valutazioni di tutte le altre materie.Si veniva irrimediabilmente bocciati, anche se i voti di tutte le materie raggiungevano la sufficienza.

In un’Italia ancora “affamata, ignorante e patriarcale”, ciò si traduceva spesso in “sonore mazzate”, pesanti punizioni o dure minacce che, a seconda dell’età dell’”imputato”, variavano dall’improbabile “ti mando in collegio”al “alla prossima che fai, ti mando a lavorare!” (che in questi tempi di disoccupazione e precarietà suonerebbe come una gratificazione, più che una minaccia!).

Gli insegnanti adottavano metodi forse “discutibili”, per farsi rispettare, metodi che farebbero inorridire gli educatori odierni, riempire pagine di giornali e ore di trasmissioni-tv e squillare innumerevoli “telefoni azzurri”: voce grossa, bacchettate sulle mani, ore “in castigo” nell’angolo dietro la lavagna o fuori dall’aula, etc…ma riuscivano a farsi rispettare, eccome, a mantenere l’ordine e la disciplina , ad imporre il silenzio ed il loro verbo a quelli che sono i genitori degli adolescenti di oggi.

Ora, come purtroppo accade nella Giustizia, vige la consuetudine dell’ “impunità”, o della “non-certezza della pena” anche nell’ambito scolastico, e la minaccia di un sette in condotta fa sorridere gli strafottenti allievi ed imbestialire i troppo accondiscendenti genitori: quei ragazzi cresciuti a “pane & disciplina” e diventati a loro volta adulti ed insegnanti, spesso non sono in grado di imporsi nei confronti di una gioventù viziata ed arrogante che si rifiuta di ascoltare e tantomeno obbedire, di attenersi alle più elementari regole del vivere civile in quello che dovrebbe essere “il tempio dell’educazione”.

I “giovani d’oggi” vengono sostenuti e giustificati dai propri genitori, sempre e comunque, anche quando sbagliano; genitori che partono dal presupposto che i loro “bambini” hanno sempre ragione, e se hanno fatto qualcosa di sbagliato, la colpa è sicuramente di qualcun altro, se non dell’insegnante che li ha puniti, del vigile che li ha multati, del giudice che li ha condannati.

Così assistiamo sempre più frequentemente ad episodi che vanno dal piccolo atto di bullismo a veri e propri gesti criminali compiuti tra i banchi, a danno di altri studenti o, peggio ancora, degli insegnanti stessi.

Il tutto rigorosamente ripreso dagli immancabili videofonini e fatto circolare come “trofeo” tra gli altri compagni o su internet.

Allora qual è il metodo migliore, per educare?

Stanno sbagliando i docenti ed i genitori di oggi, che non sanno imporsi e farsi rispettare, oppure la “colpa” è di quelli di ieri che, nonostante le loro punizioni severe ed i loro “sette in condotta”, non hanno saputo infondere loro il giusto “spirito” di educazione?

“Sette in condotta” ai genitori di ieri, o a quelli di oggi? Forse un bel “sette in condotta” lo merita questa società così materialista e superficiale…ma la società è fatta di persone, e, forse, quel “sette in condotta” ce lo meritiamo un po’ tutti.

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